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La Pipa dell’Albatros, poesie di Lotta

di Andrea Mauri

Le poesie di Otoniel Guevara, nato a San Salvador nel 1967, sono versi di lotta. E il suo libro La pipa dell’albatros (ChiareVoci Edizioni, 2024) racconta gli uomini nella quotidianità di violenza e povertà. Sono poesie che spezzano il fiato e affondano le radici nelle tracce dolorose della guerra civile salvadoregna tra il 1979 e il 1992. E non poteva essere diversamente, considerato che lo stesso poeta fece parte del Fronte di Liberazione Nazionale “Farabundo Martì”, il gruppo di ribelli al potere militare insediatosi con un colpo di stato.

La forza brutale del regime condiziona la vita degli individui e nella parte del libro intitolata Luctus sembra che la speranza sia sepolta sotto il peso della violenza. In “Museografia” troviamo una denuncia precisa: Allo stesso tempo / centinaia di giovani scompaiono in tutto il territorio. / Alcuni sono stati trovati / in un deplorevole stato di putrefazione. Il pericolo è che di fronte alla Storia, che cerca di svelare i lati più oscuri dell’esistenza, cada invece un velo di indifferenza che farebbe il gioco dei potenti. Quale ruolo quindi assegnare alla scrittura? Tutto quello che è stato scritto / è inutile / nel momento della morte, scrive Otoniel Guevara in “Manoscritto”. E aggiunge in un’altra poesia, “Paziente Uccello Notturno”: Tutta la notte tutta l’oscurità appiccando versi / Tutta la notte tutta l’oscurità lacerando nervi / Tutta la notte tutta l’oscurità fracassando porte. Non è mera disillusione, ma lucida disperazione del suo lavoro e del lavoro di tutti gli artisti che hanno messo in pericolo la loro esistenza per la libertà.

Otoniel Guevara prende una posizione chiara e inconfutabile nella sezione del libro dal titolo Balcone. È fondamentale reagire. In “Non sono solo” esprime chiaramente che Non sarò amico di chi macchia il suo tabacco con il sangue/degli adolescenti. /Non darò la mano a chi ha inondato i corsi d’acqua di letame. La rabbia sociale è l’arma per combattere i soprusi. Ma è necessaria anche dell’ironia: Non mi restano altri vestiti che le risate. Solo la morte/ potrà vedermi nudo. (“Tesori”). La forza dei versi del poeta sta nel fatto che le parole si fanno specchio di una resistenza silenziosa, del rifiuto di fare parte del sistema di oppressione.

Questo libro è un invito a risvegliare le coscienze, a riconoscere i segnali dei regimi subdoli che minacciano l’età contemporanea; la scrittura e la lettura hanno un ruolo fondamentale nella ricerca della verità e nel rigetto degli oppressori. Non a causa del milione di armi che circolano. / Neppure per gli angeli della morte / che ovunque hanno sostituito Dio. / Non ha nulla a che fare con gli appetiti dell’infamia. / Si tratta unicamente del fatto / che non abbiamo mai capito le metafore. (“Cause”).

Otoniel Guevara nella terza parte del libro, intitolata Tassidermia, ci ricorda che è impossibile dimenticare le paure e gli errori della Storia (“Cadaveri sui monti. XXI secolo”: Sulla polvere disonorata del mezzogiorno si succedono i / corpi / maciullati. “Cani, porta aperta: I cani non sanno della loro ombra, / quando ululano / è perché l’hanno perduta e non lo sanno. / Nemmeno sanno come puzzano i loro feretri. / Di fronte alla morte / non sanno altro che raggomitolarsi nei propri rami.), ma la poesia ha il preciso dovere di trasformarsi in impegno civile, attraverso versi che nutrono il sogno di una vita diversa.

Il testo contiene le poesie in lingua originale con il testo a fronte, grazie alla pregevole traduzione di Giuseppe Carlo Airaghi.

 

 

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